
La Cgil vince la sfida. Lo "sciopero rosso" riesce
di Fabio Sebastiani
su Liberazione del 13/12/2008
«Abbiamo scioperato da soli contro la riforma della scuola e il governo ha fatto una mezza marcia indietro. Quindi c'è da sperare che ce la faremo anche questa volta». Davanti al segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, c'è una piazza Maggiore stracolma di gente. La pioggia fine e a vento non dà un attimo di tregua. Il freddo è intenso. Eppure, per i 70mila tra lavoratori e lavoratrici è la classica giornata di lotta con fischietti, bandiere, striscioni e slogan molto duri. C'è l'entusiasmo giusto. Lo sciopero "rosso" sembra spronarli invece che intimorirli. Stare da soli non fa più paura, almeno ai militanti di base. Anche se il leader della Cgil evita accuratamente di pronunciare il nome di Raffaele Bonanni, il segretario della Cisl è sicuramente un personaggio più impopolare da queste parti. Forse più del premier Berlusconi. Ce l'hanno con lui persino i prodiani di Bologna che non hanno certo mancato di dare il loro piccolo contributo alla riuscita della giornata.
Guglielmo Epifani, dal palco fa un discorso tutto puntato contro il governo. Per Confindustria invece c'è solo qualche critica e una domanda: «Ma davvero siete d'accordo con in governo?». Punto di scontro è sul provvedimento anticrisi. La strategia della Cgil è semplice: il sindacato aspetta l'esecutivo al bivio della fase acuta della crisi. «Berlusconi dice che gli italiani devono consumare? Ma lo sa che ci vogliono i soldi?». Dopo la fase della finanziaria compassionevole i nodi dovranno arrivare al pettine. Ed è lì che si piazza il leader della Cgil. «Siamo arciconvinti - dice Epifani - che il Governo con l'arrivo della crisi vera farà sul serio». Palazzo Chigi dovrà chiamare le organizzazioni sindacali. «E da noi - aggiunge Epifani - verranno sempre proposte serie». Del resto, più si ritardano gli interventi e più c'è il rischio «di ritrovarsi in un paese a pezzi». «Da lavoratori e pensionati il governo - sottolinea con forza - ha preso nel 2008 ben 8 miliardi per effetto del solo drenaggio fiscale. E' giusto che non venga restituito nulla? Perché non c'è stata la detassazione delle tredicesime?». Otto miliardi non sono pochi. A veder bene potrebbero servire anche a dare qualche sostegno ai circa 500mila precari che tra qualche mese rischieranno il posto di lavoro. Epifani non si dimentica di loro. E non si dimentica nemmeno dei «morti per il lavoro». «Governo non cambiare il Testo Unico» tuona dal palco dopo che la piazza ha osservato un minuto di silenzio. «Non si spaventino le aziende se devono pagare qualche sanzione», aggiunge Epifani. L'accordo sul Testo Unico con Confindustria saltò a febbraio proprio su questo tema. Oggi, alla vigilia di un affondo del ministro Sacconi, il segretario generale della Cgil torna sull'argomento lasciando intendere che terrà duro anche su questo. E già che c'è si toglie anche un sassolino dalla scarpa per quel riguarda i rapporti unitari. «Ci vuole rispetto per quei lavoratori - dice - che hanno scioperato comunque nell'interesse del paese». Il riferimento è a Bonanni, che l'altro ieri aveva stigmatizzato lo sciopero definendolo «contro la jella». Il tempo inclemente non ha fermato la fantasia e la voglia di protesta dei lavoratori. Nel concentramento di piazza Maggiore sono confluiti tre cortei provenienti da Porta San Felice, piazza Carducci e piazza XX Settembre. I Cobas hanno sfilato, invece, da piazza San Francesco a piazza Santo Stefano.
C'è stato poi un quinto appuntamento degli studenti dell'Onda che sono partiti alle nove da piazza Verdi. «S.o.s., Save our schools», c'era scritto su un cartello ai piedi di tre statue giganti in carta pesta di Berlusconi, Gelmini e Brunetta. «Tutto era già scritto - risponde un operaio di uno zuccherificio in cassa integrazione ormai verso la mobilità, a una domanda sulla tenuta dei rapporti unitari. Ce lo siamo già scordato il patto per l'Italia? E poi - aggiunge - vorrei ricordare che non più tardi di un anno fa lor signori di Cisl e Uil erano pronti a scioperare contro Prodi».
Valeria è una giovane delegata della G.D., azienda metalmeccanica di Bologna. Per lei questo è uno sciopero politico «perché i fatti sono i fatti e il governo sta mostrando tutta la sua incapacità», dice. E il Pd che non partecipa? «Credo che il sindacato debba fare il sindacato - ma ad un certo punto se nessuno vuole occuparsi di politica e si presenta diviso alle scadenze importanti è chiaro che c'è qualcun altro chiamato a fare le cose che vanno fatte». Tra gli altri, Rifondazione comunista e il suo bellissimo striscione: "Il futuro si costruisce con le lotte". Appena dietro il drappello dei lavoratori migranti con uno slogan altrettanto eloquente: «Siamo una sola classe. Verso lo sciopero del lavoro dei migranti». Le percentuali di adesioni allo sciopero annunciate dal palco sono tutte tra il 70 e l'80%, almeno nelle aziende storiche dell'Emilia Romagna. Semmai a dare qualche segno di stanchezza sono stati forse il pubblico impiego e il commercio. In qualche caso, però, proprio nei supermercati i delegati Cgil sono riusciti a trascinare nell'astensione dal lavoro anche iscritti e delegati Cisl. E' successo, per esempio alla Ipercoop di Piacenza. «Con i lavoratori - racconta Massimo - non siamo andati troppo per il sottile. Abbiamo detto loro che facevamo uno sciopero politico. Tra i dipendenti c'è stata rispondenza. Tra i precari un po' meno ma bisogna considerare il clima di ricatto». Ma la Cisl da quell'orecchio proprio non ci sente: «Noi rispettiamo naturalmente quei lavoratori, in verità davvero pochi secondo i dati in nostro possesso, che hanno deciso di scioperare. Ma al di là della propaganda della Cgil, è evidente a tutti che il risultato di questo sciopero solitario è stato alquanto modesto ed a macchia di leopardo. Potremmo dire: tanto rumore per nulla» ha detto il segretario organizzativo della Cisl, Paolo Mezzio.
Dal mondo della politica, il milione e mezzo di persone portate in piazza dalla Cgil è stato accolto con due metri di giudizio opposti. Per il premier Berlusconi, ovviamente, «lo sciopero è il contrario di quello che si doveva fare». Il ministro del lavoro Sacconi gioca al ribasso: «I dati che abbiamo indicano una bassissima adesione (7%) nel pubblico impiego». Anche l'Udc, con Casini, boccia la mobilitazione («è un'occasione sprecata») mentre dal leader Pd Veltroni giunge un auspicio: «Il Partito democratico non è diviso sullo sciopero, il fatto è che è sceso in campo un solo sindacato e noi guardiamo e lavoriamo per l'unità di tutte le forze sindacali». Parole positive da sinistra: «Questa manifestazione è una speranza, questi lavoratori sono contro la disoccupazione e sarebbe bene che tutti fossero contro la disoccupazione - ha detto Fausto Bertinotti - Siamo di fronte a scelte che segnano l'Italia e l'Europa. Bisogna garantire l'occupazione e creare un modello di sviluppo economico e sociale alternativo, perchè questa crisi ha rivelato quello attuale disperatamente non in grado di affrontare i problemi quotidiani delle persone». Mentre per il segretario di Sd Caludio Fava quello di ieri è stato «un atto di civiltà politica».
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