
Pensioni, le donne più tardi? No tutte e tutti più presto
di Lidia Menapace
su Liberazione del 16/12/2008
Chiamare "dibattito politico" il miserevole scambio di parole in libertà e infantili dispetti è davvero uno spreco di fatica mentale. Eppure il risparmio energetico in materia è facile ed economico: basta stare un po' zitti, in ispecie se non si ha nulla di nuovo da dire, per provare a leggere un po' e a pensare. Cerco di applicare a me stessa i saggi consigli che dispenso. E lasciando da parte di interessarmi di chi mi ha pestato i piedi, di chi non ha salutato incontrandomi per le scale o di chi si è contraddetto più volte, provo a dire quanto segue.
La questione cui Brunetta vorrebbe dare soluzione attraverso un Brunetto-scherzetto, come direbbe Calderoli, campione di battute che per far ridere chiedono che ci si faccia il solletico, è grande e nasce molto tempo fa.
E' - dirò con qualche inevitabile semplificazione - il compimento di azioni messe in moto da quell'evento straordinario che fu la rivoluzione francese e industriale e l'avvento della borghesia vittoriosa sul Feudalesimo, l'autoritarismo e l'assolutismo regio, sostenuto dall'assolutismo religioso (Trono e Altare, ci si ricorderà).
Data da allora un testo di Olympe de Gouges, che - scritto dopo quello di Condorcet intitolato I Diritti dell'uomo e del cittadino , si definiva I diritti della donna e della cittadina . Olympe chiedeva che le donne dessero il cognome ai figli, che le bambine potessero andare a scuola e che il parto avvenisse in condizioni da non essere una frequente condanna a morte. Le sue proposte non passarono affatto, non furono nemmeno discusse in Assemblea. Anzi Olympe fu ghigliottinata (era una girondina e il Terrore la colpì: a proposito, tra le tante cose importanti che la rivoluzione borghese inventò, ci fu anche il terrorismo, come strumento politico e non se lo sono scordato mai più, utilizzandolo variamente).
Ma a parte la sfortunata Olympe, la pressione per mandare a scuola via via più persone e gli straordinari effetti delle applicazioni della scienza alla produzione di merci e alla vita civile e la sconfitta dei flagelli sociali delle malattie infettive portarono un tale mutamento quale forse mai si è visto nella storia umana . A poco a poco anche le bambine ragazze e donne vanno a scuola e al lavoro e finisce di avere un senso la beffarda frase: «Ma voi non avete mai scritto la Divina Commedia ». Era dura essendo di necessità analfabete. E anche la dipendenza economica dalla famiglia di origine o da quella del marito. Si vede adesso che appena l'ingresso alla scrittura e cultura è un diritto dovere universale, è possibile fare una graduatoria di "merito" vera e le ragazze sono più numerose, più tenaci e più brave in tutti gli ordini e gradi di scuola anche se programmi e ordinamenti sono stati pensati da uomini che ancora li dirigono ai piani alti, non si sa per quale "merito ereditario".
Una delle conquiste più straordinarie fu la medicina raggiungibile anche dai poveri: mentre nel mondo contadino e feudale la malattia era una calamità, una sciagura da deprecare, dopo l'applicazione della medicina e dell'assistenza medica alle condizioni sociali cominciano le prime forme di medicina sociale (importante in Italia la Facoltà di Medicina di Pavia dove insigni cattedratici socialisti si occuparono della pellagra, della malaria,dell'alimentazione inadatta e stimolarono lo stato liberale ad istituire il medico condotto, e l'ostetrica condotta ecc.ecc.) Intanto fiorivano anche le "maestrine dalla penna rossa".
L'unico economista che si accorse delle conseguenze di tutto ciò fu Malthus. Il quale non per nulla disse che il family planning era necessario, altrimenti sarebbero stati guai. L'ostilità religiosa verso di lui continuò a ritardare l'affrontamento del problema e ancora il Club di Roma e il Mit negli anni '60 sostennero che si era ormai messa in moto una tale bomba demografica che bisognava lasciar fare ai tradizionali regolatori delle nascite, cioè carestie inondazioni mortalità infantile epidemie e guerre.
Ma comunque il prolungamento della vita attiva, cioè non la pura sopravvivenza è uno dei risultati di quella lunga storia alla quale si mescolarono le lotte operaie e delle donne perché ciò che veniva ancora elargito come beneficenza e assistenza (sia pure laica e pubblica) diventasse un diritto. Stiamo tornando alla beneficenza, alla S.Vincenzo di stato, altro che "modernità"!
Ciò detto bisogna vedere che cosa significhi una vita attiva sempre più lunga, specie delle donne cui viene sempre più sottratta la morte da parto. Non si tratta solo di trovare badanti per nonne e nonni, si tratta di ridisegnare il fattore demografico che è politicissimo.
Orbene pensare che una cosa così si risolva con una battuta «facciamo lavorare le donne tanto a lungo quanto gli uomini» è stupido e patriarcale anche perché dimostra che chi parla considera la vita dell'uomo maschio misura di tutte le cose: non sarebbe meglio, per aprire la strada ai giovani e alle giovani che vogliono entrare nel mercato del lavoro, ridurre la vita lavorativa degli uomini e abbassare a tutti e tutte l'età pensionabile? siccome chi va in pensione un po' presto non è ancora distrutto dalla fatica, ripetitività invasività del lavoro capitalistico "maturo" (che a questi fini non è meno pesante né meno distruttivo né meno nocivo di quello del padrone delle ferriere), può ancora scegliere una attività sociale o politica: è diritto di cittadinanza avere tempo voglia e strumenti per occuparsi del bene comune e della cosa pubblica, facendo doposcuola, riunioni di condominio, gruppi di acquisto, stimolare riunioni che sostengano relazioni con i migranti in un'ottica di integrazione, che è il contrario dell' assimilazione ecc ecc.
E' solo un accenno dell'apertura di sguardo e di orizzonti che si apre e che il tempo, l'occasione, il kairòs ci impone.
home.rifondazione.it/xisttest/content/blogcategory/285/456/
new.rifondazione.it/wp/referendum2009/
home.rifondazione.it/xisttest/content/view/3831/424/